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La fragilità che è in noi – La timidezza

In questo piccolo e densissimo libro (La fragilità che è in noi), Eugenio Borgna dipinge i paesaggi dell’esperienza umana dove nascono emozioni fragili e impalpabili al tocco, che non sia delicato e attento: la timidezza, la gioia, la tristezza, la speranza, l’inquietudine solo per citarne alcune.

Ho scelto la timidezza perché mi sembra emblematica della tendenza a celare la fragilità che è in noi, in un mondo dove l’arroganza e la prepotenza sembrano essere diventati valori riconosciuti, ai quali noi tutti dovremmo anelare.

La timidezza non è una vera e propria emozione, ma è legata in modo profondo al mondo delle emozioni. È come un’antenna potente che coglie immediatamente segni dell’indifferenza e dell’inautenticità; si incrina per un piccolo gesto, per una parola, soprattutto per quelle aride e vuote. La timidezza è fragile e richiede fragilità e leggerezza per essere anche solo sfiorata, altrimenti si sgretola tra le mani.

La timidezza è tipica di certe adolescenze, anche se rimane una compagna di vita che non ci abbandona mai, nonostante le molte esperienze vissute; si maschera, si nasconde ma non muore.

La timidezza non solo ci aiuta con la sua umbratile fragilità a immedesimarci nella vita interiore altrui, ma contestualmente ci induce a mantenere, a tenere viva, la distanza vissuta con le persone con le quali ci incontriamo: rispettandone fino in fondo la libertà, e cercando di sfuggire a ogni possibile sconfinamento”.

Non c’è abbastanza ascolto della timidezza nelle famiglie, nella scuola o nel mondo della cura della persona, dove viene spesso ignorata e calpestata, senza curarsi di come questa indifferenza sia lacerante per l’anima.

Non c’è timidezza che non si accompagni con sensibilità e insicurezza: e anche questa forma di vita è considerata come antiquata e inutile, dannosa ai confini di un handicap, e tuttavia quanti rischi e quanta violenza si nascondono nella sicurezza di sé mai incrinata dal dubbio e dalla riflessione sui propri limiti”.

La timidezza allora, invece di essere un fardello inutile, diventa una risorsa che ci aiuta a ritrovare in noi stessi la leggerezza e la sensibilità necessarie a costruire relazioni umane autentiche e profonde.